TRADIZIONALE BONTÁ: I CRISPEDDI


In ogni festa di paese che riguardi la provincia di Catania non possono mancare le famosissime crispelle.

Ci sono “i crispeddi cca ricotta”, quelle con l’acciuga e per finire in bellezza le crispelle di riso, condite con una dolce colata di miele. Queste ultime sono dette anche “zeppole di San Giuseppe” perché si preparano soprattutto nel periodo di San Giuseppe, per la festa del papà, il 19 marzo.

Il nome “crispeddi” invece si deve alla particolare increspatura immediata della pasta lievitata che a contatto con lo strutto bollente appunto si increspa.

Non è semplice riprodurre in casa la stessa bontà. I crispellari le friggono due volte, la prima per dare un’iniziale doratura, la seconda per renderle più compatte e croccanti all’esterno.

Un lavoro che si tramanda da generazioni, come molti altri lavori che via via si stanno perdendo.

Le si trovano alle feste di paese ma anche per strada, quando la temperatura inizia ad abbassarsi, spesso da ottobre in poi accanto a chi arrostisce le caldarroste, le castagne.

La Sicilia è tutto uno spettacolo, non c’è da stupirsi se gli stranieri la amano e la rispettano, forse più dei siciliani stessi. Arrivano aspettandosi di trovare uomini con coppola e lupara ed invece vengono meravigliati dalla manualità del crispellaro che impasta, condisce e frigge le sue crispelle.

Dopo il primo morso, dato rigorosamente alla crispella ancora fumante, non si può che andare avanti e mangiarne almeno tre, quattro ed anche di più, magari variando di gusto.

E dopo tutto questo mangiare ci si chiede come mai i siciliani non siano tutti obesi! Ma quando gli ingredienti sono buoni, freschi, cucinati bene e non si eccede nelle quantità il risultato non può essere grave. Naturalmente non si possono mangiare crispelle tutti i giorni.

Laura Ciancio

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