Taormina che fa parte della provincia di Messina, dalla metà degli anni 1950 fino al 70 fu la capitale dei latin lover di tutto il mondo, oltre a quelli locali, vi soggiornarono famosi personaggi provenienti da tutto il mondo. Quello pare sia stato il periodo di massimo splendore e della dolce vita della perla dello Jonio. Grande personaggio di quel periodo fu Chico Scimone, musicista e sportivo, suonava tutte le sere il pianoforte al «San Domenico Palace Hotel» di Taormina. Da sportivo, con grandi successi, praticò il nuoto, la corsa, la maratona, la marcia, la scalata ai grattacieli. Era nato a Boston il venerdì 17 novembre 1911. Mori a Taormina il 9 aprile 2005. Aveva quasi due anni quando i suoi genitori ritornarono nella «Perla dello Jonio», dove è vissuto sino all’età di 17 anni. Di nuovo negli Stati Uniti, dai 18 ai 38 anni, Chico veniva sempre a Taormina per trovare la famiglia. Nel 1953 con il fratello Egisto, aprì a Taormina il night-club «La Giara».
Nel marzo di quell’anno si giravano le scene del film «Non vogliamo morire» e una sera la troupe si riversò nel locale, iniziò così la breve storia d’amore con l’attrice Aurora de Alba, spentasi il 24 febbraio 2005. Il loro matrimonio nel Duomo di Taormina dopo pochi mesi e la sfilata degli sposi sul carretto siciliano nel corso Umberto. Il locale «La Giara» in poco tempo divenne di fama internazionale, frequentato da celebri attori: Elizabeth Taylor – Richard Burton, Ava Gardner, che ballava sempre a piedi nudi; Peter Ustinov, Rita Hayworth, Gregory Peck, Peter O’ Toole. E tanti ancora. Personaggi di cosa nostra americana, e della malavita mondiale, vedi Lucky Luciano, Frank Costello, proprietario del locale Capocabana di New York dove Scimone si esibì. Nel 1973 inventò il tuffo a mare a Villagonia di Taormina il giorno di Capodanno, ancora viene disputato. Nello sport vinse diverse competizioni mondiali, celebri anche le 18 scalate dell’Empire State Building di New York, l’ultima a 93 anni, due mesi prima del suo addio alla vita. Noi abbiamo avuto il piacere di incontrare e conoscere Scimone, in diverse manifestazioni sportive in Sicilia, scoprendo la persona.
Taorminese, sconosciuto fu Peppino D’Allura, fatto conoscere dal compianto giornalista taorminese Gaetano Saglimbeni, pubblicato nella rivista culturale “il piccolo storico letterario di Catania”. Da agosto 1920 a febbraio 1922, D’Allura fu amante della baronessa tedesca Frieda Richthofen, moglie dello scrittore inglese David Herbert Lawrence, autore dello scandaloso romanzo del novecento “l’amante di Lady Chatterley”. I coniugi Lawrence arrivano a Taormina a gennaio 1920, lei aveva 41 anni lui 35. Lo scrittore ammalato di tisi, sperava nel sole di Sicilia per una guarigione.
Lawrence non guarì, morirà a 45 anni. La Richthofen andava a prendere il the, a volte il pranzo nella villa di campagna di una sua amica, che le aveva messo a disposizione un mulo condotto dal mulattiere Peppino D’Allura. Che la andava a prendere nella casa di via Fontana, per far ritorno al tramonto. Un giorno ai primi di agosto l’amica in collina aspetto invano la baronessa. Un temporale la blocco, assieme a Peppino, dopo l’abitato di Castelmola. Si ripararono in un vecchio palmento, ubicato in un vigneto di proprietà del padre di D’Allura, erano bagnati, Peppino offrì alla signora un giaciglio dietro un paravento fatto da una catasta di vecchie cassette per asciugarsi. La baronessa dentro il casolare ci rimase poco, si spoglio nuda, correndo per il vigneto sotto la pioggia, gridando di gioia, chiamando a gran voce il ragazzo che aveva la camicia e i pantaloni inzuppati di pioggia che per timidezza, non se li toglieva. Andò lei stessa a spogliarlo. Complice l’acquazzone iniziarono i giochi amorosi del mulattiere e la baronessa, che racconterà al marito per filo e per segno, con dettagli per niente imbarazzanti per lei ed il marito.
Il rapporto tra i due amanti durò un anno e mezzo, inizio nel vigneto sotto la pioggia, proseguì in un campo di gigli, nella vasca della pigiatura dell’uva, nel tino del palmento, in un casolare quasi diroccato, con tetto sfondato, dove penetrava il sole. L’amica della signora Frieda, messe a disposizione dei due amanti un mini appartamento per i loro incontri d’amore. A Taormina tutti sapevano della tresca tra Peppino e la baronessa, ma non era una sorpresa che un figlio di contadini e di pescatori avesse rapporti amorosi con ricche signore. La sorpresa avvenne con l’uscita del romanzo nel 1928, anni dopo la partenza definitiva dei coniugi Lawrence. Impensabile per tutti che nei due anni del soggiorno taorminese dei due coniugi, potesse essere scritto dallo stesso marito la storia amorosa della baronessa e del mulattiere. Peppino non potè leggere il libro, in quanto analfabeta. Gli amici glielo lessero in osteria descrivendo quanto aveva scritto David Herbert Lawrence, che non erano per nessuno una novità in quanto Peppino, ogni sera aveva raccontato tutto quello che faceva con la baronessa. Nella lettura interveniva per chiarire le cose o aggiungerne altre. La signora baronessa aveva fatto la stesa cosa. Lei era per l’esaltazione del sesso libero, con l’abbraccio salutare per la natura. Una amica danese moglie del sindaco di allora diceva della baronessa “non faceva nulla per nascondere i suoi amori extra coniugali, ma faceva di tutto perché se ne parlasse, e tutti sapessero. Dopo la morte del marito la baronessa sposò l’ex bersagliere Angelo Ravagli.
Michele Milazzo
Taormina teatro antico

Taormina l’Isola Bella






Lascia un commento