ARTICOLO DI ALFONSO GELO
Ponti di pace, questo il nome della preghiera per la Pace del 2018.
Eh si perché, come insegna la cronaca (purtroppo) i ponti possono cadere, mentre la pace tra gli uomini è una costruzione che non tradisce anche se richiede anch’essa una costante opera di manutenzione. Difficile sintetizzare i tre giorni di questo straordinario evento che ha visto la partecipazione di tante autorità delle diverse religioni, di personalità intellettuali e di tanti fedeli affluiti da tutta Europa. Oltre al fondatore della Comunità Andrea Riccardi e del Presidente Marco Impagliazzo, numerose le personalità religiose e civili intervenute, tra le quali il Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, il già Presidente della Commissione Europea Romano Prodi, Bernice A. King, pastore battista e figlia di Martin Luther King, il Grande Imam d’Egitto Al-Azhar, il rabbino capo di Francia Haim Korsia.
Tre giorni per non rassegnarsi al demone della guerra, alla follia del terrorismo al tarlo dell’indifferenza che si impadronisce degli uomini, come auspicato dal messaggio di Papa Francesco ai partecipanti.
Molteplici gli spunti di riflessione, emersi nei 34 panel di discussione che hanno visto la partecipazione di oltre 300 autorità di diverse religioni, di insigni intellettuali e di tantissimi fedeli affluiti da tutta Europa. Tra le tante riflessioni che possono essere fatte possiamo enuclearne qualcuna.
Sicuramente possiamo dire che la pace non può essere rinchiusa in nessuna definizione, nessuna, da sola riesce a “contenerla”.
È qualcosa di naturale che però non va mai data per scontata.
È qualcosa di impegnativo per ricercarla e mantenerla, apparentemente scomoda rispetto agli istinti di egoismo e guerra.
È qualcosa di più coraggioso degli ingenui e pericolosi proclami di nazionalismo.
Questi giorni e la capacita di dialogo tra le diverse religioni, con il corteo finale che ha visto marciare assieme cardinali, rabbini, imam ed autorevoli esponenti delle altre religioni insegnano che la religione non può che essere messaggera di pace e che le differenze non sono un ostacolo al dialogo.
La religione non c’entra nulla con la guerra; questa presunta connessione serve solo alla follia assassina delle frange terroriste e di chi investe e fomenta la paura al fine di trarne vantaggio.
Va detto che la pace richiede impegno, visione, prospettiva. Per questo temi solo apparentemente lontani sono in realtà vicini se non uniti da un legame osmotico con la pace.
L’Europa, ad esempio, vive una profonda crisi, anche d’identità, bisogna certamente imprimere un cambio di direzione anche perché essa stessa è essenziale al mantenimento della pace, come il lungo periodo di pace dalla seconda guerra mondiale dimostra.
Lo sviluppo non può prescindere da criteri di sostenibilità e giustizia sociale, nell’ottica di assicurare la pace e contemperare i complessi effetti della globalizzazione con il principio irrinunciabile di eguaglianza.
La pace è insomma una strada lastricata di difficoltà ma che vale la pena percorrere.








Lascia un commento