Una trasgressione golosa che non fa bene solo all’umore ma al piacere più profondo della gola.
Mangiarne? Per alcuni diventa una nuova possibilità per migliorare le performance mentali. Il segreto? Sta nei neuroprotettivi dei flavanoli, spesso indicati anche come “vitamina P”. C’è chi afferma che un consumo intenso porterebbe ad un notevole miglioramento della cosiddetta “memoria di lavoro”. Una tavolozza di cioccolato, per risolvere problemi di calcolo e di ragionamento, ma il cioccolato, è da sempre associato all’amore e all’erotismo che ne sprigiona. La storia racconta di un certo Hernan Cortes che arrivò con una spedizione spagnola nell’odierno Messico, fu il primo a capire che il cacao era il vero oro degli Atzechi.
Gli stessi Maya furono i primi a scoprire le potenzialità dei semi del cacao, cominciarono a coltivarlo in grandi quantità. I semi raccolti e poi sapientemente sminuzzati venivano utilizzati in molte bevande, per lo più calde, spesso con peperoncino, s8i arriva bene presto alla conclusione che le prime tazze di cioccolata erano tutt’altro che dolci.
Arriviamo nel 1825 con Brillat-Savarin che nella Fisiologia del Gusto osava definire il cioccolato “beato”forse perché “dopo aver corso il mondo, attraverso il sorriso delle donne, trovava la morte nel bacio saporito e fondente delle loro bocche”.
Il cacao entrava di prepotenza nelle pratiche mediche e nei riti religiosi. Il mito racconta di un Dio del cacao, nato proprio dal sangue di una principessa che era stata uccisa per non aver rivelato ai suoi nemici dove trovare il ricco tesoro nascosto del suo amato sposo, partito per la guerra. Si dice che alla sua morte, dal sangue versato sarebbe nata la prima pianta di cacao, i cui frutti avrebbero nascosto per l’eternità un tesoro.
Ne ha fatto di strada il cioccolato, i cui semi del cacao venivano definiti “amari come le sofferenze dell’amore, forti come la virtù, rossastri come il sangue.
Il commercio della fava di cacao ebbe inizio in Europa intorno al 1585, anno in cui si registra il primo carico che da Veracruz raggiunge Siviglia.
Ma a dire il vero, il cacao non riuscì a riscuotere notevole successo tra i raffinati palati degli europei, la bevanda risultava troppo amara e aveva una sgradevole consistenza terrosa, ma fu grazie a dei frati spagnoli, abili maestri di infusi e miscele, che vennero aggiunti ad esso spezie piccanti, note di cannella e zucchero di canna. Successivamente, fatale fu il magico incontro con la vaniglia e con il latte ha fatto il resto.
E se a Parigi nel 1600 erano già di moda le botteghe del cioccolato, a Londra, non ebbero meno successo le chocolate-drinking houses. Bisognerà aspettare il 1800 per trovare il primo “cioccolatte” in forma solida.
Fu il geniale torinese Bozzelli (siamo nel 1802) a mettere a punto una per raffinare la pasta di cacao e miscelarla con lo zucchero e la vaniglia. Sarà poi Van Houten intorno al 1820 ad inventare una sorta di pressa idraulica che riuscì a separare per la prima volta la pasta di cacao dal suo grasso cioè il burro di cacao.
Calogero Matina Kalos






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