San Pietro Clarenza le leggende delle grotte laviche


Il territorio etneo attorno all’Etna per le tante eruzioni e ricco di tante grotte che si sono formate con le tante colate laviche. Tutte con il loro fascino, indicazioni scientifiche e leggende varie.

Anche nel  territorio di San Pietro Clarenza in provincia di Catania, vi sono diverse grotte ed anfratti, testimonianze delle colate. Tre di queste grotte più di tutti, meritano di essere menzionate. La grotta “u Signuri” (il Signore), la grotta dei “sgangheri” o sganghi, la grotta delle colombe.

La grotta del Signore aveva due ingressi uno anteriore ed uno posteriore, per quasi metà è stata distrutta dalla mano dell’uomo. Il nome potrebbe derivare dalla volta della grotta, simile a quella di una chiesa. Ma su questa grotta vi è una leggenda. Durante una eruzione vulcanica una famiglia in fuga per scampare al pericolo si trovò circondata dalla lava, pregarono Dio affinchè non venissero bruciati, come d’incanto la lava si alzò creando un bolla d’aria, appunto la grotta, salvando tutta la famiglia. Questa leggenda assomiglia a quella dei fratelli Pii scritta dal prof. Santi Correnti, nel suo libro “Leggende di Sicilia”, che racconta dei due fratelli catanesi, Anfinomo ed Anapia, che sprezzanti  del pericolo, si slanciarono tra le lave dell’Etna che avevano quasi completamente circondato la casupola dove abitavano i vecchi genitori, ambedue paralitici e li salvarono caricandoseli sulle spalle mentre le fiamme della lava si ritiravano riverenti al loro passaggio.

La grotta Sgangheri, come la grotta del Signore, ha l’ingresso principale rivolto a sud sudovest, con un piccolo ingresso laterale. La grotta e lunga circa 30 metri, larga circa 10 metri all’ingresso la volta è alta circa 2 metri, che man mano si abbassa fino ad arrivare al suolo. Sono presenti diversi rotoli di lava di modeste dimensioni ed alcune lamine scollatesi dalle pareti. Anche questa grotta ha la sua leggenda. Si racconta che era il ritrovo di maghi, fattucchiere, licantrupus, che nelle notti di luna piena andavano a sbeffeggiare Dio, nella vicina chiesa, coperta dalla lava nel 1669. Un giorno Dio si arrabbiò, lego con una catena i suoi detrattori e li getto dentro il cratere dell’Etna.

Grotta delle Colombe trovasi tra il territorio di Belpasso, e quello di San Pietro Clarenza. Si accede da una grande apertura sul fianco nord. Si tratta di una galleria sotto il livello della strada lunga circa 100 metri, la volta ha una altezza variabile da 2 a 7 metri. Il pavimento, e irto di vari spuntoni, e brandelli di lava saldata e di scorie. Si notano rotoli di lava mentre sono rare le stalattiti da rifusione.

All’ingresso vi è una rigogliosa vegetazione di muschi e felci, questo per il fatto che dentro la grotta vi è una piccola sorgente di acqua fresca purissima. A circa 5 km. di distanza in linea d’aria in posizione più alta sulle pendici dell’Etna in territorio di Belpasso c’è la grande grotta denominata Madonna della Roccia dove negli anni ottanta avvennero le apparizioni della Madonna a Rosario Toscano. E’ una grotta molto ampia, con una volta molto alta, trasformata in luogo sacro con altare per celebrare la messa. Da questa grotta i suoni e le voci, malgrado la distanza di 5 km. si odono perfettamente dalla grotta delle Colombe, malgrado non vi sia nessun passaggio, ma solo delle piccole fenditure. La cosa non avviene al contrario. Nel territorio clarentino vi sono diverse gallerie dove fino ad alcuni decenni addietro si estraeva la terra rossa “ghiara”, molto usata nell’edilizia, le gallerie si chiamano “a fossa a ghiara”. Il Gruppo Speleologico “Bettina Asero”, diretto dalla indimenticata Marina Nicolosi Doria, perlustro nel territorio di San Pietro Clarenza, esattamente in via Piave, adiacente il plesso di scuola media, una di quelle cave con un galleria principale lunga circa 800 metri con varie diramazioni. In seguito esplorata da Funzionari della Soprintendenza. Sia il Gruppo Speleologico, che la Soprintendenza, scrissero delle relazioni, che concordavano tra loro. “Si tratta di una di quelle cave per l’estrazione della “ghiara” un tempo frequenti sulle pendici dell’Etna, ora tutte abbandonate. Quella di san Pietro Clarenza con i suoi lunghi complessi cunicoli con muretti e pilastri di sostegno è una testimonianza importante, per quanto riveste in termine di interesse etno antropologico. Nella galleria principale, ed in particolare nel cunicolo, esistono muri di sostegno, e visibile sotto la lava uno strato di sicura valenza archeologica. Si tratta di terreno agricolo sul quale passo la lava e, per uno certo spessore e interessato un fitto livello di cocci di ceramica perlopiù acrona, ma che potrebbe appartenere ad epoca romanica. Questa una testimonianza archeologica dell’occupazione del territorio etneo in età romana che, unita al valore di testimonianze delle vecchie attività minerarie, compone un quadro significativo per la storia di San Pietro Clarenza.

La civiltà contadina dell’Etna, da secoli ha cercato di “rubare” terra alla montagna, per essere coltivata, facendo crescere alberi di ulivo, mandorli ed altre piante da frutto. Tutto il paesaggio etneo è caratterizzato dalle opere di trasformazione agraria con i vari terrazzamenti, dove venivano messe delle alte pietre facendo in modo che i tralci delle viti si abbarbicassero lasciando l’uva al sole, scalette per salire e scendere dai terrazzamenti, le trazzere,(viottoli) i muretti a secco, i pagghiari (capanne)e le “casedde” in pietra, gli ovili, i mucchi di pietre raccolte che hanno creato cumuli squadrati, tutto ciò rappresenta i tipici elementi della civiltà contadina sulle pendici dell’Etna.Tali strutture venivano realizzate sfruttando i trovanti lavici, senza l’uso di malte o altri leganti, con modalità usate ancora oggi dagli esperti “mastri” per la realizzazione dei forni in pietra. Allo scopo di offrire un riparo ad animali e cose dai venti dominanti, le strutture seguivano l’orografia naturale. Ancora oggi, bovini ed ovini che pascolano liberamente sui luoghi, li utilizzano a tale scopo. Camminando sulle scorie di lava si scoprono anfratti e gallerie di scorrimento lavico in cui si sviluppa una vegetazione dominata da felci.

In tutto il territorio pedemontano dell’Etna sono ancora tante le testimonianze di questa civiltà, oggi quasi scomparsa. A San Pietro Clarenza sono due meritevoli di essere menzionate , ma che versano in condizioni di degrado. La “Casina” situata in viale Europa, un’antica costruzione adibita a rifugio durante le battute di caccia dei nobili Clarenza, anche punto salottiero dei nobili durante le serate d’estate a godersi il fresco, ed il panorama. La casina sarebbe stata costruita verso la fine dell’800 dalla famiglia Clarenza che diede il nome al paese. Un secondo monumento e la torretta belvedere, costruita nello stesso periodo della casina. Sulla torretta vi è la leggenda che in nei pressi vi abitava una maga, e che nei giorni di luna piena verso la mezzanotte in casa sua si riunivano per fare sedute spiritiche. Una sera un gruppo di bontemponi, a mezzanotte bersaglio con pietre tetto e porta della megera, facendo scappare tutti.

Michele Milazzo

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