« Nella ricorrenza del 75° anniversario della orribile strage avvenuta a Palermo il 19 Ottobre del 1944, nella centralissima via Maqueda, il presidente Giuseppe Scianò con il Direttivo del Centro Studi “Andrea Finocchiaro Aprile”ritengono doveroso ed importante, tanto per la Città di Palermo che per la Sicilia tutta, ricordare i valori, gli ideali, il terribile stato di necessità, i bisogni più impellenti e la disperazione che avevano animato la grande, pacifica e “generosa” manifestazione popolare, finita poi in un tragico bagno di sangue. La tragedia ebbe inizio, allorché una cinquantina di soldati della Divisione Sabauda dell’Esercito del Regno d’Italia – (che in Sicilia avevano anche funzioni di Pubblica Sicurezza e di Ordine Pubblico) – furono chiamati per disperdere, appunto, i manifestanti che si erano ammassati all’ingresso del Palazzo Comitini, Sede della Prefettura. Una delegazione aveva cercato, infatti, di parlare con il Prefetto, (che in quel momento era il più importante Organo istituzionale del Governo italiano nella Provincia di Palermo). In mancanza del Prefetto, quel giorno fuori sede, i manifestanti cercarono di parlare, quanto meno, con il Vice Prefetto, Pampillonia. In quel trambusto, i militari, chiamati dalla Prefettura e giunti su due
camion, – vedendosi circondati dalla folla, – non esitarono ad adoperare armi e bombe a mano.
Va precisato al riguardo che le disposizioni del Governo Italiano in materia di ordine pubblico in Sicilia parlavano chiaro: “In Sicilia, – al minimo segnale di contestazione, – si doveva usare il pugno di ferro. Contro i Siciliani, ovviamente. Fossero, questi, ribelli o non”. Quello che successe ha dell’incredibile. Ma, fortunatamente, è ben documentato…. e documentabile. Con la conseguenza che ne possiamo fare “memoria”. Fu una “Strage di Innocenti”, insomma! “Innocenti” che avevano il “torto” di aver chiesto pane e lavoro….. Ed anche di aver protestato ad
alta voce contro il Governo Italiano; contro le Autorità costituite, ai vari livelli, ma niente affatto all’altezza della situazione…
Quella gente protestava, contemporaneamente, contro l’intrallazzo”, contro la Mafia, contro la Fame, contro il Caro-vita, contro il Malgoverno, contro la mancanza assoluta di servizi essenziali (come Acqua, corrente elettrica, gas); contro la mancanza di mezzi di trasporto; contro la corruzione dilagante. Nonché contro la mancanza,o comunque la penosa
inadeguatezza, di tutti i servizi pubblici essenziali. Non parliamo, poi, della mancanza di alloggi, essendo stato il patrimonio edilizio della Città, in grandissima parte, distrutto dai bombardamenti aerei “a tappeto”, protrattisi fino a tutto il mese di Maggio (ed anche oltre) dell’anno precedente.
Ci riserviamo, di parlare in maniera più organica di quella vicenda, peraltro emblematica anche della condizione coloniale della Sicilia.Dobbiamo evidenziare tuttavia, che ad onor del vero– oggi – soltanto una grande lapide posta nella facciata esterna di Palazzo Comitini ricorda i nominativi di quelle 24 sfortunate vittime, non poche delle quali giovani ed anche bambini e donne. Ma bisogna pure prendere in considerazione il fatto che i feriti si contarono a centinaia e che la maggior parte di loro ricorsero a posti di soccorso improvvisati ed a medici privati piuttosto che agli ospedali, dove correvano il rischio di essere schedati dalla Polizia. Da qualche tempo a questa parte nell’opinione pubblica Siciliana si è notata un’opera di sensibilizzazione rivolta a far sì che – non solo a Palermo – ma in ogni Città e Paese della Sicilia vi siano lapidi, monumenti, intitolazioni di strade per rendere alle povere vittime gli onori dovuti, nonché il riconoscimento e la memoria del loro Sacrificio! Un Sacrificio che ha restituito parte della dignità perduta a tutti i Siciliani, e che costituisce un contributo notevole alla lotta per la giustizia.
Michele Milazzo






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