Catania, Via Crociferi e la leggenda del Cavallo senza testa


Nella lista delle vie più suggestive di tutta Catania, Via Crociferi occupa sicuramente il podio. Realizzata intorno al XVIII secolo comincia da una diramazione in piazza San Francesco d’Assisi passando sotto l’arco di San Benedetto. Nell’arco di 200 metri la via, oggi patrimonio dell’Unesco, è un tripudio di chiese, monasteri e qualche abitazione civile che ne fanno uno degli agglomerati barocchi più ricchi e affascinanti del centro storico catanese.

Eppure, anche se contornata dalla chiesa di San Benedetto collegata al convento delle suore benedettine dalla chiesa di San Francesco Borgia fino al collegio dei Gesuiti e dalla chiesa di San Giuliano, Via Crociferi non rappresentava del tutto quel simbolo di purezza e castità che emana tutt’ora dai suoi edifici. 

A godere di particolare fama è proprio il cosiddetto arco delle Benedettine posto accanto all’omonima chiesa e ricordato per una interessante leggenda che segnò le fantasie del popolo catanese. Si tratta della famosa leggenda del “cavallo senza testa”.  L’invenzione ha origine nella Catania del 1700 dove  Via Crociferi era diventata luogo di incontro per amanti e uomini intenti a cospirare e architettare malefatte. Si trattava perlopiù di nobili catanesi che proprio per il motivo di non essere riconosciuti o scoperti si aggiravano per le ore notturne in quella strada di basole laviche. E furono proprio quegli stessi nobili pieni di segreti a far circolare la voce che di notte si aggirasse un indemoniato cavallo senza testa pronto a calpestare con i suoi zoccoli ogni mal capitato. 

La trovata leggendaria oggi sembrerebbe prendere spunto da qualche film di Tim Burton, eppure in questo modo i nobili catanesi riuscirono ad intimorire i cittadini e allontanarli da quella via, così da poter proseguire indisturbati i propri affari senza correre il rischio di essere individuati e smascherati

La tradizione tramanda anche che un giovane catanese, apparentemente coraggioso, fece una scommessa con gli amici che gli costò cara la vita. Secondo la scommessa, il giovane, senza mostrare alcuna paura, promise ai suoi compari una passeggiata notturna e in solitaria proprio in Via Crociferi. A mezzanotte si recò sotto l’Arco del monastero di San Benedetto e per dimostrare di esservi passato, vi piantò un chiodo. Quello di cui non si accorse era che un pezzo del suo mantello rimase impigliato proprio nel chiodo, ormai incastrato nella pietra. Fu così che quando fece per andarsene si sentì trattenuto da qualcuno o da qualcosa, e credendo che fosse il cavallo senza testa ad averlo afferrato, morì sul colpo. La tragica morte del giovane seminò il panico della città che nessuno osò più avvinarsi nelle ore dal tramonto all’alba. Da allora ci vollero anni prima che qualcuno rimettesse piede in via Crociferi di notte. Si dice che ancora oggi, a notte fonda, qualcuno riesca a sentire il rumore degli zoccoli di un cavallo sul basolato.

Il racconto esprime anche la vocazione storico-religiosa del luogo, difatti la maggior parte delle chiese di Via Crociferi sorgono su templi greci e romani devastati dalle colate laviche, non a caso il cavallo rappresenta lo spirito vendicativo degli dei pagani a seguito della vittoria del cristianesimo. Per tanto l’emblema diabolico diventa simbolo di irrazionalità e resistenza delle antiche religioni.

Insomma, che sia Tim Burton o la nobiltà catanese, la bellezza dell’immaginazione sta proprio nel ricreare fantasie e quando queste creazioni fantastiche vengono assimilate da una comunità o da un popolo avviene un miracolo antropologico. Quelle fantasie diventano realtà. 

Danilo De Luca

Lascia un commento

Crea un sito web o un blog su WordPress.com

Su ↑