“Che hanno le campane,/ che squillano vicine,/ che ronzano lontane ?/ scriveva Giovanni Pascoli nel poesia “Alba Festiva” tratta dalla raccolta Myricae, ponendosi già un dubbio ancora precoce in quel periodo storico, contando che la poesia è stata pubblicata nel 1893, ma forse qualcosa stava già cambiando.
Le campane delle chiese sono elementi iconici delle comunità italiane, hanno attraversato secoli di evoluzione, da richiami pagani a simboli cristiani, svolgendo un ruolo vitale nella vita delle comunità. Il loro suono, che segna il trascorrere del tempo, richiama i fedeli alla liturgia e comunica gioie e dolori, ha mantenuto il suo linguaggio intatto grazie all’abilità dei maestri campanari.
Da sempre hanno animato le città e i borghi d’Italia, benché il loro impatto acustico abbia suscitato disagio tra i non residenti, e forse anche tra gli stessi residenti. Tuttavia, un silenzio improvviso, causato da motivi tecnici o tradizioni religiose come la Settimana Santa, è stato accolto con tristezza, si racconta nelle cronache dei alcuni paesi dell’entroterra siciliano. Questa reazione riflette una perdita di comprensione del ruolo del cattolicesimo nelle nostre comunità, l’effetto insomma della secolarizzazione.
In passato, la tradizione vedeva nelle campane il potere di liberare le anime dal Purgatorio, con il loro suono che risvegliava coloro che dovevano espiare. Questo credevano molti, unendo la superstizione popolare alla fede cristiana, basata sulle preghiere e le buone opere per alleviare le sofferenze delle anime nel Purgatorio.
Pochi manufatti hanno avuto una diffusione simile. Nella cultura occidentale, sono diventate simbolo di cristianità, radunando i fedeli, allontanando il “male” e attirando la “protezione divina”. Esse sono intrise di simbologia: il metallo rappresenta la forza del predicatore, il battaglio in ferro è la sua lingua, il colpo di campana è un richiamo a essere esemplari. La catena che sostiene il battaglio rappresenta la meditazione, mentre la mano che lo tiene simboleggia la moderazione verbale. Il legno dell’armatura rappresenta la croce di Cristo, e il ferro che unisce il tutto è la carità del predicatore.
Ma è lecito chiedersi anche se le campane delle chiese e delle strutture religiose possano suonare a tutte le ore del giorno e della notte. La risposta è scontata. Il suono delle campane deve essere strettamente collegato alle funzioni liturgiche, mantenendo un livello sonoro che rispetti la “normale tollerabilità” ai sensi dell’articolo 844 del Codice Civile. La Cassazione Penale ha confermato questa regola nella sentenza 2316 del 23 aprile 1998, stabilendo che il suono delle campane, quando non è legato a funzioni liturgiche, può costituire un reato secondo l’articolo 659 del Codice Penale, simile a qualsiasi altro strumento sonoro disturbante.
Nel contesto delle funzioni liturgiche, il diritto concordatario permette alla Chiesa cattolica di superare la “normale tollerabilità” anche senza specifiche disposizioni ecclesiastiche. La Conferenza Episcopale Italiana (CEI), Comitato per gli enti e i beni ecclesiastici Sez. I, ha emesso la Circolare n. 33 il 13 maggio 2002, approfondendo il tema delle campane, evidenziando l’importanza storica e l’uso liturgico. In questo modo, la CEI ha chiarito che il suono delle campane è destinato al culto, alle celebrazioni liturgiche e ai momenti cruciali della vita delle comunità cristiane.
Di seguito, riportiamo la sentenza della Corte di Cassazione di cui sopra, rifacendosi alla legge citata e all’art. 659 dei Codice Penale:
a) il rumore prodotto dal suono delle campane di una chiesa “al di fuori del collegamento con funzioni liturgiche può dar luogo al reato previsto dall’art. 659 del C.p. non diversamente da quello prodotto da qualsiasi altro strumento sonoro.
b) nell’ambito delle funzioni liturgiche – la cui regolamentazione nel vigente diritto concordatario, è riconosciuta alla Chiesa cattolica – (il suono delle campane) integra il predetto reato solo in presenza di circostanze di fatto che comportino il superamento della soglia della normale tollerabilità e in assenza di specifiche disposizioni emanate dall’Autorità ecclesiastica intesa a recepire tradizioni e consuetudini atte a meglio identificare, in relazione alla non continuità del suono e al suo collegamento con particolari momenti forti della Chiesa, il limite della normale tollerabilità. In pratica, la sentenza citata afferma che:
– fuori dell’uso liturgico il suono delle campane viene, considerato come tutte le altre fonti sonore;
– l’uso liturgico delle campane deve sottostare alle disposizioni del l’Autorità ecclesiastica competente in materia;
– in assenza di queste disposizioni, e in presenza di circostanze di fatto che comportano il superamento della soglia della normale tollerabilità, anche il “suono liturgico” può essere contro la legge citata.
C’è da dire che questi affascinanti manufatti in bilico tra il sacro e il profano rappresentare un simbolo unico di spiritualità e tradizione, ma è essenziale rispettare le norme che regolamentano il loro utilizzo per preservare l’armonia nelle comunità e la comprensione del loro significato.
Danilo De Luca






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