Siamo alle porte del Natale, con le strade illuminate, l’atmosfera festosa e l’attesa dei regali da Babbo Natale. Tuttavia, c’è un racconto meno conosciuto che affonda le sue radici nella tradizione catanese e siciliana: la storia della Vecchia di Natali.
Il nome può variare tra Vecchia di Natali, Vecchia strina, Strina, Carcavecchia, Nunna vecchia, ma tutti questi appellativi raccontano di una figura enigmatica che un tempo portava doni ai catanesi e ai siciliani durante il periodo natalizio. Questa è la storia di una tradizione antica, un tempo viva e protagonista, ma ora in gran parte dimenticata.
In tempi lontani, la Sicilia era legata al Natale attraverso la figura della donna, in un contesto di reminiscenze pagane e spiegazioni antropomorfe della natura e delle stagioni. La donna era vista come simbolo di fecondità, abbondanza, nutrizione e unione sociale, e durante il periodo natalizio diventava il centro di rituali come le questue di cibo o denaro, canti, sfilate in maschera e falò.
Nel tessuto sociale arcaico e rurale catanese e siciliano, alcune figure, dee o maschere si manifestavano ciclicamente, diventando simboli di periodi specifici e, infine, tradizioni. Tra queste, spiccava la figura della Vecchia di Natali, una donna anziana e ambigua che, nelle notti cruciali tra il 24 e il 25 dicembre, il 31 e l’1 gennaio, e il 5 e il 6 gennaio, portava doni.
Questa Vecchia di Natali non era da confondere con l’odierna Befana, ma incarnava un aspetto più antico e spaventoso, decisiva nel giudicare i comportamenti dei più piccoli. Non proveniva dal cielo in modo silenzioso, ma emergeva dal bosco, dalle caverne, e dalle montagne, accompagnata da rumori, canti e rime.
La figura della Vecchia di Natali era un riflesso della dea romana Strenia, con una triplice funzione: dea della natura e degli animali, dea della Luna e dea degli Inferi. La sua presenza rappresentava il ciclo eterno di vita, morte, fine e rinascita.
Nel passato, soprattutto nei paesi di montagna della provincia di Catania, la Vecchia di Natali era la protagonista assoluta delle festività natalizie fino alla fine del XIX secolo. Oggi, purtroppo, questa tradizione è quasi scomparsa, sopravvivendo solo in alcuni paesini dell’entroterra, soprattutto nella Sicilia occidentale.
La Vecchia di Natali portava non solo doni ma anche i profumi tipici di Catania e del Mediterraneo, come spezie, agrumi e cucciddati appena sfornati. Veniva accolta nelle famiglie con abbondanza di cibo, e dopo la sua partenza, si festeggiava insieme in un’atmosfera di gioia, un vero esorcismo tutto alla catanese.
I bambini del passato la aspettavano svegli fino a tardi, intonando filastrocche e canti, agitando cianfrusaglie e pentole. I più grandi si dilettavano con filastrocche talvolta oscene, poiché la Vecchia di Natali amava essere reclamata a gran voce, sconvolgendo tutti e rimettendo in riga grandi e piccini.
Anche se la Vecchia di Natali è una tradizione perduta nella maggior parte del catanese, vive ancora nel ricordo degli anziani, custodita come un tesoro prezioso. In luoghi come Aci Sant’Antonio, nonna Nedda, una nonnina di 94 anni, ricorda con affetto e nostalgia l’arrivo della Strina e la sua particolare predilezione per i carboni, non dolcificati dallo zucchero.
Danilo De Luca






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