Perché i giovani italiani non vanno a vivere soli?


Negli ultimi anni, il fenomeno della convivenza tra giovani è emerso come un aspetto significativo e in crescita nel tessuto sociale delle città italiane. Secondo i dati rilasciati dall’Osservatorio Casa Abbordabile, in collaborazione con il prestigioso Politecnico di Milano, un elemento cruciale emerge in relazione alla tendenza in calo dei giovani che optano per l’indipendenza abitativa. Ciò è principalmente attribuibile alla disparità tra il reddito dichiarato e la pressante realtà dei costi degli affitti, che in alcune delle maggiori città del Paese superano ampiamente la sostenibilità economica di un considerevole numero di individui. A Milano, ad esempio, emerge che oltre un terzo dei contribuenti dichiara un reddito annuo lordo inferiore a 15mila euro, una cifra che, considerando l’onere della vita urbana, risulta notevolmente al di sotto delle aspettative. Tale discrepanza mette in luce un quadro critico in cui la capacità finanziaria degli abitanti si scontra con le esigenze di un mercato immobiliare sempre più esoso e inafferrabile per molti.

Secondo i dati di Numbeo, un database specializzato nel monitoraggio dei costi della vita in Europa, svela uno scenario preoccupante per quanto riguarda l’equilibrio finanziario necessario per sostenere l’indipendenza abitativa dei giovani nelle principali città italiane. A Milano, tra il 2015 e il presente, gli affitti hanno subito un aumento drammatico del 39%, un dato che sproporzionatamente contrasta con lo scarso incremento del 7% registrato negli stipendi medi netti nello stesso periodo. Questa tendenza non è un caso isolato: a Bologna, gli affitti hanno segnato un aumento ancora più significativo, pari al 53%, mentre i redditi netti sono rimasti costanti. La capitale, Roma, ha vissuto un aumento meno marcato degli affitti, attestatosi al 6,3%, ma in contrasto, gli stipendi netti sono rimasti sostanzialmente stabili. Questa disparità tra l’aumento dei costi degli alloggi e la stagnazione dei redditi mette in evidenza una crescente difficoltà per i giovani nel raggiungere un bilancio economico che permetta loro di vivere in modo indipendente, minando così la prospettiva di un’abitazione autonoma per molti aspiranti inquilini.

La realtà delle grandi città italiane risulta divisa tra due estremi: da un lato, centri urbani come Milano, Bologna e Roma, dove il costo degli alloggi supera di gran lunga i redditi medi dichiarati, e dall’altro, aree urbane e suburbane che assistono a un declino demografico e a una contrazione dei prezzi degli immobili, rendendo l’abitare più accessibile. Un esempio emblematico è rappresentato da Napoli, dove, contrariamente alle tendenze di altre metropoli, il costo degli affitti è aumentato del 18% tra il 2015 e il 2023, in concomitanza con un notevole incremento dei redditi medi netti, passati da circa 900 euro al mese nel 2015 a circa 1400 euro netti nel 2023. Tuttavia, questa crescita dei redditi non risulta sufficiente per sostenere il tenore di vita offerto da città come Milano o Bologna.

L’espansione urbana, un fenomeno osservato specialmente in città come Milano, sta conducendo all’allargamento dei confini urbani, un processo che si rifà ai modelli di metropoli europee come Parigi, Londra o Berlino, pur mantenendo dimensioni ancora contenute in confronto a queste realtà internazionali.

È sempre più incerta la durata della pressione che le città italiane dovranno sopportare prima che i residenti inizino a considerare soluzioni alternative in aree periferiche o limitrofe. Nel frattempo, decine di migliaia di individui continuano a destinare una quota consistente del proprio reddito agli affitti, costretti a spostarsi verso centri urbani il cui costo della vita continua a salire. La domanda sorge spontanea: fino a quando questa tendenza demografica e finanziaria perdurerà prima che si verifichino significativi cambiamenti nella distribuzione e nell’accessibilità degli alloggi urbani?

Valeria Buremi

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