Sostenibilità: gli impianti di risalita e l’incognita degli stanziamenti


La crisi climatica si abbatte implacabile su diversi settori, con l’industria degli sport invernali tra le vittime più evidenti. L’effetto più tangibile si fa sentire attraverso la crescente carenza di neve, un colpo duro soprattutto per gli impianti di risalita. Negli ultimi anni, l’unico rimedio è stato l’aumento significativo dell’innevamento artificiale, con conseguenze disastrose sia sul fronte ambientale che su quello economico.

Il riscaldamento globale sta colpendo le Alpi con particolare ferocia, prevedendo un impatto triplo rispetto alla media dell’emisfero settentrionale. Questo preoccupante scenario implica che gli impianti sciistici saranno costretti a fare sempre maggior ricorso alla neve artificiale. Una dipendenza che, se da un lato permette la sopravvivenza economica di molte località montane, dall’altro aggrava il problema ambientale già critico.

In un contesto dove gli effetti della crisi climatica si fanno sempre più tangibili, le decisioni del governo italiano sembrano, tuttavia, muoversi in una direzione contraddittoria. Con la legge di bilancio del 2023, il governo ha allocato una cifra significativa, pari a 230 milioni di euro, per sostenere le società responsabili della gestione degli impianti di risalita. Nel dicembre scorso, sono stati distribuiti 147 milioni di euro tra ben 40 società che ne hanno fatto richiesta.

Sebbene sembri un gesto di supporto benvenuto, è fondamentale analizzare attentamente l’impatto di tali stanziamenti. La domanda che sorge spontanea è se questi fondi sono realmente indirizzati verso soluzioni sostenibili e a lungo termine o se si limitano a tamponare momentaneamente una situazione critica. La distribuzione delle risorse dovrebbe essere attentamente valutata, considerando non solo gli interessi economici delle società coinvolte, ma anche l’impatto ambientale delle pratiche come l’innevamento artificiale.

Un equilibrio precario

La questione dello stanziamento dei fondi verso la sostenibilità nei settori legati agli sport invernali si presenta come un intricato equilibrio tra il supporto alle realtà in difficoltà e la promozione di pratiche a basso impatto ambientale. Se è indubbiamente fondamentale sostenere gli impianti di risalita, considerati motori di economie montane e creatori di occupazione, una riflessione critica si impone alla luce degli ultimi dati finanziari.

Tra le dieci società che hanno ricevuto i contributi più consistenti, oscillanti tra i 5,5 e i 10 milioni di euro, emerge con sorpresa che solo una di esse presentava perdite, mentre tutte le altre riportavano bilanci in attivo, con utili che in alcuni casi sfioravano cifre notevoli. Questo solleva dubbi legittimi sulla destinazione dei fondi pubblici e sull’efficacia delle misure adottate nel promuovere una gestione più sostenibile degli impianti.

Parallelamente, l’allocazione di soli 25 milioni di euro al fondo per lo sviluppo del turismo sostenibile appare come una scelta sottodimensionata rispetto all’entità dei problemi ambientali e alle esigenze di lungo termine. La condivisione di tali risorse tra le realtà italiane rischia di tradursi in un impatto modesto sulle economie montane, sottolineando l’urgenza di una riconsiderazione delle priorità e una maggiore attenzione verso strategie più lungimiranti e sostenibili.

Valeria Buremi

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