I Pirati in Sicilia. Una breve storia di nobili, corsari e rinnegati


 

Il 15 aprile 1596, Giuseppe Sancisa, schiavo ad Algeri dopo essere stato rapito in mare dai pirati saraceni, scriveva alla sorella implorandola di fare il possibile per riscattarlo: «Vui mi pare che aviti poco cura a li fatti mei, che haio mandato multi literi, e mai non fu inpissibuli reciviri da voi uno signo di l’itera».

La pirateria, considerata da alcuni storici il più antico crimine contro l’umanità, ha inflitto un incubo costante alle popolazioni siciliane, soprattutto a quelle costiere, costrette a vivere nel terrore di essere uccise o ridotte in schiavitù. Questo fenomeno ha avuto un impatto devastante sul tessuto sociale ed economico della regione.

Le prime testimonianze di incursioni pirata musulmane risalgono al VII e VIII secolo d.C., quando i pirati, partendo dai porti di Tunisi, Tripoli e Algeri, sbarcavano per depredare uomini e beni, rimanendo nei villaggi saccheggiati per brevi periodi. Tuttavia, fu nella prima metà del XVI secolo che i pirati musulmani intensificarono le loro attività, colpendo non solo la Sicilia, ma anche l’Italia meridionale, la Sardegna e perfino le foci del Tevere, minacciando lo stesso Papa.

Le navi corsare – galere, fuste, galeazze, sciabecchi – arrivavano all’improvviso, rendendo quasi impossibile organizzare una difesa. I saraceni sbarcavano, uccidevano, incendiavano, rapivano donne, bambini e uomini validi, oppure abbordavano le imbarcazioni per catturare merci ed equipaggi. Alcuni capi corsari divennero leggendari, come Khayr ad Din (Barbarossa), il turco Dragut e il calabrese Luccialì, noto come Alì il Rinnegato.

Ad Augusta, per difendersi da questi attacchi, furono costruiti due fortilizî ancora oggi esistenti. In molte altre città, furono realizzate in tutta fretta opere di fortificazione in vista di un’invasione considerata imminente. La Sicilia si trasformò in un immenso cantiere con la costruzione di 140 torri di avvistamento lungo le coste, dotate di cannoni, soprattutto durante il regno di Carlo V. Oltre alle torri, il sistema difensivo includeva i «cavallari», soldati a cavallo incaricati di pattugliare i litorali e trasmettere messaggi di allarme.

Nel Cinquecento, il Mediterraneo era infestato da pirati e corsari con false patenti. La costa catanese non faceva eccezione: da aprile a ottobre, diventava estremamente pericolosa per i residenti e per chi navigava nelle sue acque. Gli sbarchi notturni e all’imbrunire dei pirati saraceni erano frequenti; piccoli gruppi armati si spingevano all’interno della costa, attendendo le vittime lungo i sentieri o assaltando villaggi rurali. Il mercato della schiavitù era fiorente e altamente remunerativo.

Nonostante la ricca storia piratesca del Mediterraneo, i media raccontano raramente le avventure di pirati realmente esistiti, concentrandosi spesso su figure leggendarie dei Caraibi come Calico Jack e Anne Bonny. Questo porta a dimenticare i protagonisti della pirateria mediterranea, in particolare i corsari nordafricani, che resero i regni cristiani d’Italia vittime di incursioni e attacchi. La seconda guerra barbaresca del 1815, a cui parteciparono anche gli Stati Uniti, segnò la fine dell’egemonia dei pirati barbareschi.

In Sicilia, l’eredità di questo periodo è ancora visibile nelle torri costiere come la Torre delle Mandre e la Torre del Rotolo, costruite per proteggere la costa dalle incursioni. La Sicilia non fu solo vittima: nell’VIII e VII secolo a.C., l’area di Messina, colonia greca, era un rifugio per alcuni dei più feroci pirati dell’epoca.

 

Un personaggio emblematico della pirateria siciliana fu Bernardino de Cárdenas y Portugal, duca di Maqueda e viceré di Sicilia dal 1598 al 1601. Noto per la sua avarizia, preparò una flotta per contrastare i corsari barbareschi, ma ne approfittò per attaccare le navi ottomane e arricchirsi con i loro bottini, guadagnandosi il soprannome di viceré pirata. Tuttavia, la sua cupidigia lo portò a una morte prematura: aprì una cassa contenente un cadavere infetto dalla peste, che lo fece ammalare e morire.

 

I mari di Sicilia sono stati teatro di combattimenti tra pirati degni di leggenda. Sebbene meno noti, è possibile scoprire di più sui pirati barbareschi e personaggi come il viceré Maqueda, figure fondamentali nella storia della pirateria mediterranea.

 

Danilo De Luca

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