Chi lo avrebbe mai detto che Google avrebbe parlato il siciliano? Una nuova realtà verbale è stata appena aggiunta a quella tecnologica con l’inserimento del dialetto siciliano tra le svariate lingue presenti su Google Translate e che sarà possibile tradurre. La grande scoperta, oltre all’aiuto dell’intelligenza artificiale, è stata resa possibile grazie a un gruppo di linguisti palermitani facenti parte della “Cademia Siciliana”, un’ accademia simile a quella della Crusca, ma dedicata allo studio e alla ricerca della lingua siciliana.
A fare da portavoce di quest’accademia sono il linguista palermitano Salvatore Baiamonte e l’agrigentino originario della Florida Paul Rausch che, in altre occasioni, hanno già lavorato per far accrescere il dialetto nel mondo. Lo scopo dei due fondatori è “salvaguardare la lingua che tra i giovani quasi nessuno parla più e se nessuno fa nulla andrà perduta. Se parli siciliano non sei poco colto, sei come uno che parla in inglese”.
Il siciliano è sempre stato lingua di attrazione persino per i grandi poeti come Dante Alighieri, incuriosito della sua natura volgare. Nonostante il suo interesse, il dialetto è andato sempre più scemando, perché considerato grossolano e rozzo, non comprensibile a tutti e parlato, soprattutto, dagli antichi definiti “poco colti” a causa della loro scarsa cultura e presenti in una società definita “bassa”, sia a livello culturale che sociale.
Adesso la possibilità di tradurre il siciliano da e per tutte le lingue supportate da Google Traduttore diventa un passo importante per la salvaguardia del dialetto stesso. Ore e ore di lavoro hanno permesso la traduzione di migliaia di frasi dall’inglese al siciliano e ancora il lavoro non è concluso. Provando a scrivere una qualsiasi parola o frase in siciliano sarà possibile tradurla nella lingua che si vuole scegliere. Inoltre, tramite la dicitura “Dizionario” sarà possibile definire qualche termine con esempi di uso comune sulla parola selezionata.
La selezione accurata permette al momento di salvaguardare la lingua e non far perdere quei termini originari lasciati dalle conquiste passate, come nel caso degli spagnoli o degli arabi, termini che, spesso, vengono ricondotti e omologati all’italiano.
Giulia Manciagli






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