Per non dimenticare il busto di Giacinta Pezzana


Capita ogni tanto di farsi una passeggiare per la piazza di Aci Castello. L’itinerario del perfetto camminatore di solito comprende: la partenza dal chiosco, l’arrivo alla ringhiera lato campo da pallanuoto, l’affacciata per godersi un po’ di refrigerio, e il ritorno al punto di partenza per poi ricominciare il percorso. Capita, quindi, a metà percorso, di imbattersi proprio nei pressi della scalinata che porta “sotto il castello”, in un un busto raffigurante una donna con due maschere teatrali. Il nome è illeggibile da lontano, ma basta avvicinarsi con più attenzione per leggere l’incisione sulla pietra: Giacinta Pezzana. Il busto è un tutt’uno con la piazza, a tal punto che i nostri amati camminatori non ci fanno più caso, forse perché a lungo ci si prende l’abitudine, forse perché non attira più l’attenzione, forse perché manca di targa per ricordarne vita, morte e miracoli. Ma chi è questa Giacinta Pezzana che di Aci Castello ne ha fatto il luogo in cui morire ?

Nata a Torino il 28 gennaio 1841, Giacinta è stata una figura emblematica del teatro italiano tra l’Unità d’Italia e la Prima Guerra Mondiale. Attrice teatrale e cinematografica, ha incarnato pienamente la sensibilità e gli ideali del suo tempo, portandoli sul palcoscenico con una recitazione innovativa e anticonformista. Una vera pioniera del teatro, le sue audaci sperimentazioni spesso suscitavano scalpore, provocando reazioni contrastanti in una società conservatrice. Questo le valse appellativi come “attrice garibaldina”, “petroliera” (intesa come incendiaria) e “grande vagabonda”.

La vocazione artistica di Giacinta emerse precocemente: a soli sedici anni si iscrisse all’Accademia Filodrammatica di Torino. Tuttavia, l’anno successivo, l’avvocato Giuseppe Garberoglio la giudicò priva di talento, respingendola dall’istituto. Determinata a seguire il suo sogno, Giacinta continuò la sua formazione presso la scuola di Carolina Gabusi Malfatti, dove entrò in contatto con importanti patriote come Giuditta Sidoli, Laura Mantegazza e Giulia Calame.

Il suo apprendistato proseguì direttamente “sul campo” dal 1859 con la compagnia Prina-Boldrini e successivamente con la compagnia dialettale piemontese di Giuseppe Toselli. Nel 1862, divenne prima attrice nella compagnia Dondini accanto a Ernesto Rossi, esibendosi principalmente in opere di Shakespeare, Goldoni e nella drammaturgia romantica.

Giacinta Pezzana non era destinata alla staticità; amava il movimento e l’innovazione. Nei successivi anni cambiò più volte compagnia, recitando in tutta Italia e intraprendendo lunghe tournée in Europa e Sudamerica. Il suo repertorio si arricchì, riflettendo la sua recitazione multiforme e sfaccettata. Giacinta passava agilmente dalla tragedia alla commedia, ai drammi sentimentali e alle nuove commedie borghesi, utilizzando la sua voce e gestualità in modo innovativo per coinvolgere il pubblico.

Una delle sue interpretazioni più audaci fu quella di Amleto en travesti durante una tournée in America nel 1878. Dopo la metà degli anni Settanta, lo stile di Pezzana raggiunse la piena maturità, caratterizzato da un “modulo recitativo straniante e quasi brechtiano”, come lo definì la studiosa Giulia Tellini. Nel 1879, a Napoli, portò in scena per la prima volta “Teresa Raquin” di Emile Zola, che divenne il suo cavallo di battaglia.

Anche se si ritirò ufficialmente dalle scene alla fine del decennio successivo, Giacinta continuò a recitare sporadicamente in Italia e all’estero, dedicandosi anche al cinema. Nel 1915, interpretò un ruolo principale nel film “Teresa Raquin” di Nino Martoglio.

La sua vita privata fu segnata da varie vicende. Dopo il fallimento del matrimonio con lo scrittore Luigi Gualtieri e alcune delusioni sentimentali, trovò in età avanzata il suo compagno ideale: Pasqualino Distefano, garibaldino e repubblicano catanese. Con lui si ritirò ad Acicastello, in provincia di Catania, dove morì il 4 novembre 1919.

Dal Piemonte alla Sicilia, con una carriera internazionale, Giacinta Pezzana visse una vita ricca di palcoscenici, storie e successi. Anche se le sue simpatie per Mazzini e Garibaldi non si tradussero in un vero impegno patriottico, il suo vagabondaggio per l’Italia la rese uno dei simboli dell’unità nazionale. La sua influenza sul teatro femminile fu decisiva, diventando un punto di riferimento per le successive generazioni di attrici, come Eleonora Duse.

Oggi, sono in pochi ad Aci Castello a ricordare l’identità di Giacinta Pezzana, al contrario il suo nome riecheggia nelle vie, nelle targhe dei premi, nel monumento funebre al cimitero, e sul busto in Piazza Castello. Un po’ come ricorda la chiusa del Nome della Rosa di Umberto Eco “stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”, della rosa primigenia ci rimangono soltanto nudi nomi. Sembra che di Giacinta Pezzana ad Aci Castello sia rimasto solo un nome, illeggibile per altro, e nulla più.   

 

Danilo De Luca

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