Il rischio delle disuguaglianze di genere sull’economia italiana


Le disuguaglianze di genere continuano a rappresentare una sfida significativa per l’economia italiana, rischiando di ostacolare la crescita del Paese nonostante alcuni sviluppi positivi, come il recente aumento dell’occupazione femminile. Nel 2023, il tasso di occupazione femminile ha raggiunto il 52,2%, segnando un record storico per l’Italia. Tuttavia, questo dato resta ancora distante dalla media europea, che supera il 60%.

La rappresentanza femminile ai vertici aziendali

Un aspetto cruciale della disparità di genere emerge osservando i ruoli di leadership nelle aziende italiane. Secondo i dati forniti dalla Banca d’Italia, solo il 23% dei manager in Italia è donna, e la situazione si aggrava ulteriormente a livello di CEO, dove la rappresentanza femminile scende al 4%, come riportato da Deloitte. Alcuni settori mostrano una maggiore inclusività, come Oil & Gas, Healthcare e Servizi Finanziari, dove le donne rappresentano circa il 38-39% dei vertici aziendali. Al contrario, settori come elettricità, gas, acqua, trasporti e real estate mostrano percentuali molto più basse di presenza femminile nei ruoli apicali.

Un confronto europeo sul tasso di occupazione femminile

Analizzando l’evoluzione del tasso di occupazione femminile in Italia negli ultimi quindici anni, si osserva un incremento dal 46,2% del 2009 al 52,2% del 2023, con una crescita di 6,1 punti percentuali. Tuttavia, questo miglioramento è inferiore a quello registrato a livello europeo, dove il tasso di occupazione femminile è passato dal 56,7% al 65,7%, con un incremento di 9 punti percentuali nello stesso periodo. Questo confronto sottolinea come l’Italia rimanga ancora indietro rispetto alla media UE.

L’influenza dell’anzianità e del livello di istruzione dei manager

Oltre al gender gap, l’Italia si confronta anche con un problema legato all’anzianità e al titolo di studio dei suoi manager. Soltanto il 44% dei dirigenti italiani possiede una laurea, e più della metà di loro ha superato i 50 anni. Questi dati riflettono un Paese caratterizzato da una forza lavoro tra le più anziane d’Europa, con un numero di laureati significativamente inferiore alla media europea. Pertanto, rispetto alle principali economie europee, i manager italiani tendono ad essere più anziani, meno qualificati e meno rappresentativi delle donne.

I manager italiani in un confronto europeo

In termini di occupazione, i manager in Italia rappresentano solo il 3,6% del totale degli occupati. Questa percentuale è inferiore a quella dei principali Paesi europei con cui l’Italia si confronta frequentemente. In Francia, ad esempio, i manager rappresentano il 6,8% della forza lavoro, in Germania il 4,2% e anche in Spagna, con il 4,1%, la situazione è migliore rispetto a quella italiana.

La situazione descritta evidenzia come le disuguaglianze di genere, l’anzianità e il basso livello di istruzione dei manager possano costituire un freno per la crescita economica italiana. Nonostante i segnali positivi, come l’aumento dell’occupazione femminile, l’Italia deve affrontare sfide significative per allinearsi agli standard europei e sfruttare appieno il potenziale della sua forza lavoro, promuovendo una maggiore inclusività e valorizzazione delle competenze.

Valeria Buremi

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