Margine operativo e salari: cosa divide l’Italia dall’Europa


Negli ultimi anni, il rapporto tra i profitti aziendali e le retribuzioni dei lavoratori ha subito significative variazioni, con l’Italia che emerge come caso peculiare tra le principali economie dell’Unione Europea. Dati Eurostat e studi della BCE offrono un quadro che solleva interrogativi sull’equità nella distribuzione della crescita economica.

Profitti aziendali in crescita, salari stagnanti

Secondo Eurostat, nel 2022 l’Italia ha registrato una quota di profitti aziendali sul PIL superiore alla media europea, pari al 45,1% contro il 42,1% dell’UE. Nonostante ciò, i salari lordi in Italia non hanno tenuto il passo, mostrando un calo reale dell’8,6% dal 2019 al 2023. Questo contrasta con le dinamiche di altri Paesi: in Spagna, ad esempio, i salari sono cresciuti del 2 ,8%, in linea con l’aumento del valore aggiunto per ora lavorata.

Causa del divario

In Italia, la mancata crescita salariale è attribuibile a fattori come i ritardi nei rinnovi contrattuali e l’aumento dell’inflazione, che ha eroso il potere d’acquisto. A livello europeo, mentre i salari nominali sono aumentati negli ultimi anni, gran parte di questo incremento è stato assorbito dall’inflazione, lasciando i lavoratori con un potere d’acquisto spesso stagnante o in calo.

Il contesto europeo: una visione comparativa

L’Italia si distingue negativamente anche rispetto ai dati dell’OCSE, che evidenziano un calo dello stipendio reale medio del 7% rispetto ai livelli pre-pandemia. Questo dato è tra i peggiori nell’area euro, dove altri Paesi hanno mostrato una migliore capacità di proteggere i salari reali. Inoltre, il tasso di occupazione italiano è il più basso nell’OCSE, al 62,1%, ben al di sotto della media del 70,2%.

Prospettive future

Le istituzioni europee, inclusa la BCE, sottolineano la necessità di politiche mirate per ridurre il diverso tra profitti e stipendi. Tra le proposte emerge l’adozione di salari minimi basati sugli standard europei e la promozione di trattative collettive più efficaci. A livello nazionale, il PNRR potrebbe rappresentare un’opportunità per stimolare settori ad alto valore aggiunto e migliorare la produttività, ma il suo impatto sul benessere dei lavoratori resta incerto.

Conclusioni

L’andamento economico italiano riflette un modello di crescita squilibrato, dove i benefici si concentrano nelle mani delle imprese, lasciando i lavoratori a fronteggiare sfide sempre più pressanti. Per colmare questo divario, sarà fondamentale ripensare le politiche salariali e incentivare una distribuzione più equa della ricchezza generata.

Valeria Buremi

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