Il filo tragico che unisce Peppino Impastato e Aldo Moro


Due tragedie annunciate nello stesso giorno

La mattina del 9 maggio 1978 l’Italia si svegliò con due tragiche notizie, destinate a segnare profondamente la storia repubblicana. In luoghi diversi del Paese vennero trovati i corpi senza vita di Aldo Moro, statista ed ex presidente del Consiglio, e di Peppino Impastato, giovane attivista e giornalista siciliano. Moro fu rinvenuto a Roma, assassinato dalle Brigate Rosse, mentre Impastato venne ucciso a Cinisi (Palermo) per mano della mafia. Questa coincidenza – due vittime di violenze di matrice opposta, annunciate lo stesso giorno – assunse sin da subito un valore altamente simbolico. Mentre il caso Moro occupò le prime pagine nazionali, la morte di Impastato passò inizialmente in secondo piano, e solo col tempo se ne comprese appieno la portata. Oggi il 9 maggio è ricordato come una data-simbolo che accomuna il ricordo di entrambe le tragedie.

Aldo Moro: lo statista ucciso dalle Brigate Rosse

Aldo Moro, figura di primo piano della Democrazia Cristiana e più volte presidente del Consiglio, fu protagonista di una fase cruciale della politica italiana negli anni ‘70. Artefice del cosiddetto “compromesso storico” – il tentativo di avvicinare il Partito Comunista all’area di governo – Moro divenne il bersaglio numero uno del terrorismo brigatista. Il 16 marzo 1978 un commando delle Brigate Rosse lo rapì in via Fani a Roma, sterminando i cinque uomini della sua scorta. Dopo 55 giorni di prigionia in un covo segreto, il sequestro si concluse tragicamente: il 9 maggio 1978 la polizia ritrovò il corpo senza vita di Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani, nel centro di Roma. Lo statista era stato “eliminato” dai terroristi dopo il fallimento di ogni trattativa, in quella che è considerata una delle pagine più buie degli anni di piombo. Lo shock per l’assassinio di un uomo di Stato di tale statura fu enorme, e segnò il culmine della violenza politica in Italia. Moro oggi è ricordato non solo come vittima eccellente del terrorismo rosso, ma anche per la sua visione politica e il sacrificio in nome delle istituzioni democratiche.

Peppino Impastato: il giornalista che sfidò la mafia

Giuseppe “Peppino” Impastato era un giovane attivista politico e giornalista di Cinisi, in Sicilia, noto per la sua coraggiosa denuncia di Cosa Nostra. Cresciuto in una famiglia legata ad ambienti mafiosi, Peppino ruppe con quel mondo e scelse di combatterlo con le armi della cultura e dell’ironia dissacrante. Dalle frequenze della sua Radio Aut lanciava satire pungenti contro i boss locali (in particolare Gaetano Badalamenti) e svelava traffici illeciti, sfidando apertamente la mafia. Pagò con la vita questo impegno: nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 fu brutalmente assassinato. Il suo corpo venne fatto saltare con del tritolo sui binari della ferrovia Palermo-Trapani, nei pressi di Cinisi, nel tentativo di inscenare un suicidio o un incidente durante un presunto attentato. In un primo momento, infatti, si cercò di far passare la morte di Impastato per un caso di terrorismo “rosso” finito male – ipotizzando che il militante di sinistra fosse morto mentre preparava una bomba – e addirittura emerse la pista infamante del suicidio tramite una lettera artefatta. Queste versioni di comodo attecchirono anche a causa dell’eco mediatica quasi nulla: la tragedia di Peppino venne oscurata a livello nazionale dal ritrovamento del cadavere di Moro avvenuto quello stesso giorno. Eppure sin da subito la madre di Peppino, Felicia Bartolotta, e i suoi compagni denunciarono la matrice mafiosa del delitto, trovando voce grazie al coraggio di giornalisti locali come Mario Francese (anch’egli poi ucciso da Cosa Nostra nel 1979).

Ci vollero quasi ventiquattro anni perché la verità giudiziaria venisse definitivamente affermata. 

Il 9 maggio diventa una data simbolo

Il tragico intreccio del caso Moro e del caso Impastato ha reso il 9 maggio una data dal forte valore simbolico nella storia repubblicana. Nel 2007 il Parlamento italiano ha ufficialmente riconosciuto il 9 maggio come “Giorno della memoria” dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale e delle stragi di tale matrice. La ricorrenza – celebrata per la prima volta l’anno successivo, nel 2008 – coincide intenzionalmente con l’anniversario dell’uccisione di Aldo Moro e unisce idealmente nel ricordo tutte le vittime del terrorismo, di qualsiasi colore e provenienza, degli anni bui che insanguinarono il Paese. In questo contesto commemorativo, anche la figura di Peppino Impastato viene ricordata assieme a quelle dei caduti per mano della violenza politica: sebbene ucciso dalla mafia, Impastato è ritenuto un martire civile di quegli anni turbolenti, accomunato a Moro dal “tragico destino” di aver perso la vita per mano di una delle due grandi minacce che incombevano sull’Italia negli anni Settanta (il terrorismo e la criminalità mafiosa).

Sin dal riconoscimento ufficiale, il 9 maggio è entrato nel calendario civile della Repubblica come giorno di riflessione e memoria storica. Ogni anno le istituzioni italiane, le scuole e la società civile dedicano questa giornata a ricordare gli innocenti vittime di terrorismo e violenza, mantenendo vivo il monito perché simili tragedie non abbiano a ripetersi.

Valeria Buremi

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