Foreste italiane in crescita: un patrimonio raddoppiato dal 1950


In poco più di settant’anni il paesaggio del nostro Paese è cambiato radicalmente. Dal 1950 ad oggi le foreste italiane sono raddoppiate, passando da 5,6 milioni a 11,1 milioni di ettari. Oggi i boschi coprono quasi il 40% del territorio nazionale, come mostra la grafica basata sui dati dell’Inventario Forestale Nazionale (INFC 2015) e sulle elaborazioni di Ispra.

Cresce soprattutto la superficie altomontana: aree abbandonate dall’agricoltura, pendii inaccessibili e zone a uso naturalistico si sono rinaturalizzate, dando spazio a boschi più estesi e, in alcuni casi, più selvatici.

 

Un Paese verde, ma non ovunque allo stesso modo

La mappa delle regioni racconta una realtà molto diversificata. Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Liguria e Sardegna superano il 50% di territorio coperto da foreste, con picchi come il 71% in alcune aree alpine.

All’estremo opposto ci sono regioni dove i boschi occupano una porzione molto più ridotta: tra queste la Sicilia, che secondo la grafica si ferma intorno al 15%. Un valore tra i più bassi in Italia.

 

Il nodo Sicilia: poco bosco, tanto potenziale

Perché l’Isola è così indietro rispetto al resto d’Italia? Le cause principali sono note:

• Incendi ricorrenti, spesso dolosi

• Siccità e ondate di calore sempre più frequenti

• Uso del suolo frammentato, con vaste aree agricole o abbandonate

• Poche attività strutturate di riforestazione o gestione forestale attiva

Eppure la Sicilia è una delle terre che avrebbero più bisogno del bosco: più foreste significherebbero maggiore assorbimento di CO₂, contrasto all’erosione, protezione contro frane e incendi, più ombra, più biodiversità, più turismo naturalistico.

 

Montagne e boschi in risalita: la natura si sposta in quota

Le foreste aumentano, ma cambiano volto. A causa del riscaldamento globale, molte specie vegetali non trovano più le condizioni climatiche adatte alle quote più basse: si stanno spostando verso l’alto. Lo stesso vale per alcune colture: vigne, ulivi, cereali. Sempre più agricoltori di montagna scelgono appezzamenti più alti pur di mantenere qualità e produttività.

È un fenomeno evidente sulle Alpi e negli Appennini, ma anche in Sicilia, dove l’agricoltura d’altura sta tornando a essere una risposta ai cambiamenti climatici.

 

Perché la Sicilia non deve restare indietro

Se l’Italia diventa sempre più verde, la Sicilia rischia di rimanere l’anello debole. Ripensare l’uso del suolo, prevenire gli incendi, investire in riforestazione e agricoltura adattata al clima sono sfide urgenti.

L’isola potrebbe trasformare le aree abbandonate in corridoi verdi e le sue montagne – dai Nebrodi alle Madonie – in laboratori di economia sostenibile, turismo lento, produzione agricola di quota e biodiversità.

Insomma: non è solo una questione di alberi. È una questione di futuro.

 

Valeria Buremi

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