L’opera, con la regia di Antonio Calenda, è in scena al Teatro Stabile dal 2 al 7 dicembre all’interno della stagione “Il potere dei sogni”.
Il 2 dicembre è stato inaugurato il secondo appuntamento della stagione “Il potere dei sogni” del Teatro Stabile di Catania con la prima de “La lezione” di Eugène Ionesco. La pièce fu rappresentata per la prima volta nel 1951 al Théâtre de Poche di Parigi e divenne ben presto il simbolo del teatro dell’Assurdo, insieme all’altro celebre testo dell’autore, “La Cantatrice calva”. L’opera – definita come dramma comico dallo stesso Ionesco – con la sua ironia e inquietudine, riesce a far sorridere e riflettere. Il tutto mentre racconta l’assurdità e l’angoscia di un mondo che, appena uscito dal secondo conflitto mondiale, non poteva che apparire alienato e destabilizzante.
Il sipario si alza. In scena assistiamo all’interrogazione di un professore a una sua allieva, un incontro che, come racconta Calenda nella nota di regia, sembra iniziare nel segno dell’educazione e della gentilezza. «Tra professore e allieva si instaura un rapporto amichevole, con un continuo scambio di gentilezze e leziosità. Il professore pone alla ragazza domande di una banalità disarmante e rimane esterrefatto nel constatare come l’allieva sappia rispondere correttamente». Quel momento – solo in apparenza tranquillo – apre la strada a un crescendo di tensione da parte dell’insegnante, fino a quando non è l’irrazionalità a dominare la scena. Il sovvertimento della situazione è tale da trascinare l’interrogazione in una spirale di assurdo e follia: i gesti del professore si intrecciano con un linguaggio deformato, fatto di nonsense, fino a sfociare in un violento epilogo che conduce all’uccisione dell’allieva.
L’opera, però, non si conclude con l’omicidio dell’allieva, ma anzi riparte proprio da questo. Sempre nelle note di regia, Calenda sottolinea come «[…] la circolarità dello spettacolo, che termina nello stesso modo in cui è iniziato, lascia intravedere l’impossibilità del cambiamento». La pièce, infatti, termina così come era cominciata: la governante accoglie una nuova allieva, pronta a ripetere lo stesso destino. Una struttura ciclica che restituisce, senza possibilità di scampo, la condanna a una reiterazione eterna dell’assurdo e l’impossibilità di un vero cambiamento.
Lo spettacolo, a oltre settant’anni dal suo debutto, si conferma capace di riflettere – come uno specchio – l’assurdo che abita ancora il nostro tempo. Impossibile non leggere nel testo di Ionesco echi del presente: un mondo segnato da conflitti che divampano in ogni parte, dalla brutalità che si ripete costantemente e da rapporti di forza che continuano a schiacciare i più deboli, così come l’insegnante fa con la sua allieva. L’incomunicabilità che domina la pièce – resa dal linguaggio deformato, dal nonsense e dai cortocircuiti verbali – può diventare metafora di una società che, pur immersa in canali di comunicazione sempre più immediati, sembra perdere ogni giorno la capacità di ascoltare e comprendere. La facilità con cui oggi riusciamo a esprimerci non coincide necessariamente con un dialogo vero: ed è proprio qui che la maestria di Ionesco mostra tutta la sua forza profetica.
L’opera, in scena fino a domenica 7 dicembre al Teatro Stabile di Catania, si conferma così una “lezione” sempre attuale, capace di parlarci, oggi come ieri.
Nicoletta Scierri






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