Una nuova geografia del crimine organizzato
Per decenni il luogo comune ha dipinto la mafia come un problema legato quasi esclusivamente al Sud. La storia delle organizzazioni criminali italiane, ‘ndrangheta, Cosa Nostra, camorra e sacra corona unita, ha radici profonde nelle regioni meridionali, ma il modo in cui queste organizzazioni operano si è evoluto. Secondo l’ultimo rapporto Svimez, realizzato con la Guardia di Finanza, la mafia oggi è un fenomeno nazionale, capace di estendere la sua influenza economica ben oltre i confini del Mezzogiorno.
Più soldi sporchi “lavati” al Nord che al Sud
I dati del rapporto mostrano una tendenza sorprendente: tra il 2010 e il 2024 sono stati riciclati accertati 61,4 miliardi di euro di denaro illecito. Di questa cifra, quasi 30 miliardi sono stati riciclati nelle regioni del Nord, circa 20 miliardi al Centro e poco più di 11 miliardi nel Mezzogiorno. In altre parole, oltre l’80% dei capitali sporchi è stato “ripulito” nelle aree più ricche e produttive del paese, soprattutto in Lazio, Toscana, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte.
Il dato ribalta una narrazione consolidata: le mafie non si limitano a “controllare il territorio” nelle zone d’origine, ma seguono il denaro, cercando mercati più dinamici e opportunità di investimento nell’economia legale.
Strategie diverse tra Sud e Nord
Nel Mezzogiorno le organizzazioni criminali sono spesso visibili nella vita quotidiana: controllo sociale, intimidazioni, gestione degli appalti pubblici e presenza capillare nei piccoli centri sono fenomeni noti da molto tempo. Ma al Nord la mafia si mimetizza, investendo in imprese, immobili, servizi e finanza, con un volto più sofisticato e difficile da percepire.
Secondo il rapporto, il Nord guida anche nel numero di denunce per reati di riciclaggio, con oltre 14.000 segnalazioni tra il 2010 e il 2024, più di Centro e Sud. Questo non significa necessariamente una maggiore presenza “tradizionale” di mafia: piuttosto indica forme di infiltrazione più complesse e meno visibili, legate alle maglie dell’economia legale.
Un capitalismo “mafioso” che si adatta
Il fenomeno non è nuovo: le organizzazioni criminali italiane, e in particolare la ‘ndrangheta, sono note per la loro capacità di inserirsi nei circuiti dell’economia internazionale e del traffico di droga, ma anche di utilizzare settori leciti per riciclare denaro e creare reti d’affari. La presenza di clan calabresi e siciliani nelle grandi città settentrionali, dalle reti di traffico alle operazioni di riciclaggio, è documentata anche da importanti inchieste giudiziarie.
Perché è importante riconoscere questa realtà
Capire che la mafia non è confinata al Sud ma si è radicata anche al Nord significa affrontare il problema con una consapevolezza più ampia. Non si tratta solo di contrastare la criminalità nelle sue forme tradizionali, ma anche di vigilare sull’infiltrazione nei tessuti economici e finanziari più sofisticati.
La lotta alle mafie deve quindi essere una priorità nazionale, con strumenti di controllo e prevenzione che vadano oltre il confine geografico. Solo così si potrà affrontare un fenomeno che, come dimostrano i numeri, è radicato e trasversale in tutto il sistema economico italiano.
Valeria Buremi






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