Impara l’arte e mettila da parte, si diceva anticamente. Oggi, questo antico detto risulta anacronistico e anticiclico, visto che, seppure di nicchia,il mercato dell’arte è in forte espansione nel panorama mondiale con il primato assoluto degli Stati Uniti. La Cina si aggiudica il secondo posto, nonostante nel 2017 si sia registrata una contrazione del 12%, mentre l’Italia rimane stabile al quinto posto pur avendo registrato nella prima metà del 2017, perdite del 6,3%.
Una delle questioni più dibattute è l’autenticità dell’opera. Difatti, Il codice dei Beni Culturali ha stabilito che la vendita , l’esposizione ai fini di commercio e l’intermediazione , debbano essere corredate dalla documentazione che attesti l’anagrafe e l’autenticità dell’opera. Sovente accade però, che alcune opere d’arte , soprattutto quelle molto antiche , siano prive di documentazione e l’iter per l’accertamento della paternità ed autenticità , oltre ad essere oneroso e lacunoso , è a carico del collezionista. Difatti, mentre per le opere contemporanee, basta semplicemente che venga prodotta dall’artista o, se non più in vita,dai suoi familiari, per quelle antiche l’iter è contrassegnato da una serie di procedure che vanno dalla richiesta di una expertise formale all’accertamento giudiziale, in virtù del principio di “libera interpretazione”.
Ma i limiti che ostacolano il mercato dell’arte come asset class , per la diversificazione degli investimenti, sembrano trovare terreno fertile nella mancata consapevolezza di quanto questo settore possa essere da supporto in alcune operazioni finanziarie complesse, e addirittura si parla di pianificazione successoria della collezione d’arte. Con quest’ultima espressione si vuole indicare una strategia tesa ad assicurare da un lato la continuità della collezione d’arte, tutelandola da liti ereditarie, dall’altro la possibilità di impiegare il patrimonio artistico per investimenti fruttuosi di cui gli eredi potranno comunque beneficiare. Questa strategia , molto utilizzata negli Stati Uniti consiste nel destinare i beni artistici in un Trust, ovvero quell’istituto giuridico che consente di rendere il patrimonio come un “ente”autonomo , blindandolo da successioni, vicende familiari, sperperi per incapacità gestionali, garantendo di contro la possibilità di essere impiegato per piani di investimento e fondi comuni, i cosiddetti trust fund, con tutti i vantaggi fiscali che ne conseguono.
Investire è un arte e l’Italia è il Paese d’arte per eccellenza. Dunque, proviamo ad incrementare questa straordinaria asset class sul fronte degli investimenti.
Valeria Barbagallo






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